Mauro Giuliani, L’Epos, Palermo, 2011, pp. 530. Il testo più documentato e aggiornato su Mauro Giuliani.
Le sue 530 pagine sono il risultato di decenni di studi e di ricerca del musicologo milanese Marco Riboni. Il libro è suddiviso in due parti. La prima è dedicata alla biografia: dai natali e dalla formazione musicale in Puglia sino ai trionfi viennesi per arrivare, infine, al mesto epilogo dopo il ritorno in patria. La seconda parte prende in esame l’intera produzione musicale. La chiave di volta per comprendere l’operato di Giuliani è stata l’identificazione dei vari aspetti stilistici diversificati in funzione dei destinatari dei brani e degli obiettivi artistici.
«La monografia che Marco Riboni è un’impresa che il musicologo e chitarrista avviò circa vent’anni fa per la sua tesi di laurea e che segna un ideale passaggio di testimone con il “giulianogo” ante litteram Thomas F. Heck, protagonista delle ricerche condotte sul compositore pugliese. Il Volume non solo offre un esaustivo studio critico di tutte le conoscenze che oggi possediamo su Giuliani – a cui contribuisce con la presentazione di nuove acquisizioni e precisazioni sulla vita, l’arte e la ricezione – ma soprattutto rende giustizia a un autore che è rimasto a lungo all’ombra dei grandi esponenti del Classicismo viennese. Ciò avviene nella seconda parte del saggio, quella dedicata alle opere – la più innovativa – in cui Riboni ricolloca nel suo tempo e quindi riconsidera l’intero linguaggio musicale di Giuliani e i suoi frutti compositivi, ispirandosi alle teorie analitiche del musicologo Leonard Ratner, che lontano da una visione austro-centrica propria, ad esempio, degli studi di Charles Rosen, in Classic Music, Expression, Form and Style (1980) «ha preso in considerazione l’organizzazione del discorso musicale non in funzione di una struttura formale predefinita ma in ragione dell’eloquenza e dell’efficacia espressiva». Massimo Rolando Zegna, “Amadeus”, Italia, 2011.
Il Giuliani definitivo. «Un libro colloca la figura del compositore nel contesto storico del primo Ottocento, ben oltre la sola letteratura chitarristica. Che la chitarra fosse uno strumento molto particolare lo notava Berlioz nel suo trattato di orchestrazione nel definirlo «proprio ad accompagnare la voce […] come anche a eseguire pezzi più o meno complicati e a più parti, di cui il fascino è apprezzabile quando essi siano realizzati da veri virtuosi». E sentenziando poi che «è quasi impossibile scrivere bene per chitarra senza suonarla». Ecco, in sintesi, la ragione per la quale i musicisti che hanno scritto la storia dello strumento abitano un mondo a parte, un satellite di quella che è riconosciuta come la “grande storia della musica”. In effetti, la chitarra di grande ha poco. Eppure leggendo il libro di Marco Riboni dedicato a Mauro Giuliani, chitarrista virtuoso e compositore di opere per e con chitarra (incarnazione di quanto raccomandato da Berlioz), l’immagine della cenerentola degli strumenti sembra per un momento allontanarsi dalla chitarra e dalla sua letteratura. Ci troviamo infatti di fronte a una biografi a che non solo dà conto della figura di Giuliani, ma anche del mondo musicale del tempo – soprattutto quello della Vienna del primo Ottocento, che salutò l’ascesa di Giuliani – mostrando la molteplicità di contenuti, prima storico-sociali e poi artistici ed estetici, che quel contesto racchiuse. Se lo strumento è di non facile accesso per i compositori non chitarristi, ne consegue che la produzione musicale nel secolo XIX sia a esclusivo appannaggio di compositori e strumentisti in grado di suonare le proprie opere in concerto e commercializzarle per i tanti amateur che all’epoca frequentavano lo strumento a sei corde, anche solo per accompagnare il canto. Il giudizio negativo sulla musica per chitarra dell’Ottocento, bisogna dire rafforzato dall’opinione di Segovia e di quella acritica dei suoi seguaci, trova una profonda smentita nella lettura di questo prezioso volume. Come scrive giustamente Cesare Fertonani nella prefazione, si tratta di un libro definitivo, un volume unico dal punto di vista musicologico – è infatti in assoluto il più esauriente volume monografico sul chitarrista-compositore pugliese – e nello stesso tempo un libro di storia, che ci insegna a guardare e capire il mondo della musica in un’ottica affatto diversa da quella a cui ci hanno abituato i manuali. Un mondo composito in cui si intrecciano i destini e le relazioni di tanti musicisti, dove la separazione tra “grandi” ed epigoni è tutt’altro che netta. Ma chi è Mauro Giuliani e cosa rappresenta? Rispondere a queste domande leggendo le parole di Riboni permette di comprendere una parabola emblematica: egli incarnò la tradizione strumentale italiana, fu interprete dell’attualità musicale dell’epoca, e infine mostrò una versatilità che gli permise di relazionarsi perfettamente con il milieu musicale viennese. Per dare la misura della portata del successo di Giuliani – tra le tante informazioni e documenti che Riboni offre – è sufficiente leggere le cronache dell’epoca, che lo vedono citato a fianco di Beethoven e Salieri in occasione del compleanno di Haydn nel 1808, e solo poco tempo dopo il suo arrivo nella città austriaca. Un altro e più concreto esempio riguarda l’editoria: quando Giuliani diede alle stampe il suo Studio per la chitarra (una sorta di metodo sintetico per i dilettanti) l’editore Artaria pagò la cifra di 600 Gulden (la stessa cifra che Beethoven ottenne per la Nona Sinfonia dal suo editore!): da questo dato (documentato peraltro in modo eccellente, all’interno di un’attenta disamina del contesto economico in cui ebbe luogo l’affermazione di Giuliani) possiamo comprendere la forza dell’affermazione di Giuliani e del suo peso musicale. Ovviamente il libro di Riboni, oltre che tracciare rigorosamente il percorso biografico di Giuliani, mette in luce, attraverso una profonda analisi, il corpus dell’opera del compositore italiano. Molto interessante è la parte relativa agli stili adottati nelle sue opere, a partire dalla produzione spesso motivata da occasionalità (le opere finalizzate alla didattica, quelle per alimentare il pubblico di dilettanti che seguiva i suoi concerti, i poutpourri e tema con variazioni che si incentravano sulla musica in voga all’epoca, di derivazione operistica) fino alle opere di maggiore ambizione come la Sonata op.15, vera sintesi della linea italiana e delle influenze viennesi, in cui Giuliani mostra il valore musicale della sua scrittura. Il contesto viennese infatti non è solo il luogo dove Giuliani si afferma, ma anche l’occasione per venire a contatto con nuovi contenuti musicali. In questa direzione Riboni ci spinge a leggere sia le relazioni con Hummel, Moscheles e altri musicisti molto in auge in quel momento storico, che le diverse matrici stilistiche della sua musica e anche le influenze che talvolta appaiono quasi nella forma della citazione esplicita (addirittura arrivando alle più importanti opere beethoveniane). È in questa seconda parte del volume, sottolinea lo stesso Riboni, che si concentra il suo sforzo maggiore «nel tentativo di realizzare quella messa a fuoco proprio nella direzione critico-analitica […] cercando di identificare in Giuliani uno specifico e personale vocabolario stilistico e retorico alla base di tutta la sua produzione, dal brano più semplice e disimpegnato al grande capolavoro». Ricordiamo ancora in Appendice la bibliografia ricchissima, e la pubblicazione integrale del primo catalogo delle opere dell’autore, databile tra il 1826 e il 1830. Questo volume per la ricchezza di citazioni e di riferimenti, per gli esempi musicali e l’approccio analitico rigoroso offre agli studiosi (non solo della chitarra) un importante riferimento bibliografico, e ai lettori l’occasione e la possibilità di comprendere più a fondo la storia della musica del primo Ottocento.» Luigi Attademo, “Il Giornale della Musica”, Italia, 2012.