«Questa musica è viva, accuratamente orchestrata per far emergere con chiarezza il suono di ogni strumento, ed è particolarmente permeata di un italiano senso di invenzione melodica. Riboni e il suo ensemble interpretano queste deliziose composizioni con semplicità e grazia rendendo la registrazione particolarmente piacevole. Ascoltandoli, io penso che questi brani siano estremamente divertenti da suonare; ed essi risultano all’ascolto molto più consistenti e convincenti, ad esempio, dei quintetti di Boccherini.» James Ross, “Guitar Review Website”, U.S.A., 1996.
«[…] I brani inseriti nel CD utilizzano benissimo le caratteristiche dello strumento e si vede molto bene il carattere di Gragnani, ricco di contrasti espressivi.» “Gendai Guitar”, Giappone, 1996.
«L’Ensemble suona qui con strumenti moderni, senza che sia percepibile l’influenza della prassi esecutiva storica. Ciononostante l’interpretazione è particolarmente vivace e la musica è sicuramente bella e varia. Io penso che questo CD verrà apprezzato dagli appassionati della chitarra.» Johan van Veen, “Alte Musik Aktuell”, Germania, 1997.
«Ascoltate, ad esempio, la soave melodia dell’Adagio del Trio in Re: degna dello stesso Boccherini. Comperatelo per quella ragione, allora, e non sarete delusi. Sarete gratificati dalla professionale melodiosità di Gragnani. […]. Normale o meno, molti di questi compositori avevano una competenza professionale che è chiaramente assente in gran parte dei compositori viventi – per chitarra o no – dei quali facciamo un gran clamore per nulla. Qualcosa conta.» Colin Cooper, “Classical Guitar”, Inghilterra, 1999.
«[…] Soltanto chi come Marco Riboni può vantare a un tempo solida preparazione musicologica, competenza organologica e mirabile talento esecutivo è in grado di riproporre con piena credibilità composizioni dimenticate come queste. Studio stilistico, analisi, riflessione sulla prassi esecutiva storica e momento interpretativo infatti si intrecciano qui indissolubilmente e in modo esemplare. […] Saranno anche composizioni minori, questi studi di genere di Coste, che sembra quasi uscito da uno dei racconti di Maupassant, ma di quale, accattivante freschezza. […] Marco Riboni li suona con passione, sensibilità e gusto del timbro davvero rari.» Cesare Fertonani, “Amadeus”, Italia, 2000.
«Fedele al dettato della prefazione che Coste stilò nel 1873 per la prima edizione degli Studi op. 38, Riboni imbraccia una chitarra eptacorde di fine Ottocento. Basti già questo a dire dell’attenzione filologica che permea l’incisione. […]. L’esecuzione integrale della raccolta inoltre vale da un lato a sottolineare il rilievo didattico che ad essa giustamente compete, e dall’altro conferisce adeguato risalto alla vocazione di studio da concerto di moltissimi tra questi pezzi. Vere e proprie pagine d’album che non mancano, tra l’altro, di tendere insidie esecutive, aperte come sono a tutto il formulario strumentale ed estetico del tempo.» Elena Caneva, “Seicorde”, Italia, 2000.
«Gli Studi op. 38 mostrano Napoleon Coste come un musicista dalla tecnica straordinaria e allo stesso tempo munito di una musicalità poliedrica. Questi brani sono tutto fuorché dei meri esercizi di tecnica […]. Egli suona una chitarra russa a sette corde, la quale fu costruita ai tempi di Coste probabilmente da un allievo di Stauffer. […] Ma non si tratta solamente del musicista: egli vuole lasciar trasparire l’immagine del chitarrista romantico, l’immagine di un musicista, il cui strumento è stato così amato nei salotti parigini tanto quanto fu poi la sua disgrazia in seguito.» Peter Päffgen, “Gitarre & Laute”, Germania, 2000.
« Tra i 25 studi compresi in questo disco, alcuni sono veri gioielli e Riboni ha fatto […] un ammirevole lavoro nella sua interpretazione degli studi. Coste compose questi pezzi per chitarra a 7 corde con un basso aggiunto sotto il solito Mi. In questa registrazione, Riboni suona una chitarra russa del XIX secolo che ben si addice allo scopo. Negli studi più lenti Riboni suona con grande sensibilità ed espressione creando alcuni momenti veramente belli. Chi desidera ampliare la propria conoscenza del repertorio chitarristico della metà del XIX secolo dovrebbe ascoltare questo cd.» James Reid, “Soundboard”, U.S.A., 2000.
«Questo cd merita un posto di prima scelta nelle vostra discoteca. Napoleon Coste, l’unico vero chitarrista romantico francese (con Berlioz..! ) ha fatto un bel regalo alla chitarra con la sua raccolta di 25 Études, regalo un po’ avvelenato perché alcuni degli studi hanno torturato – e ancora torturano – coloro che praticandoli vogliono migliorare il proprio modo di eseguire la polifonia, suonare con brio i passaggi delicati, eseguire i coulés con facilità, etc… ma un vero regalo perché nella loro maggioranza si tratta di opere musicali validissime. Lo Studio n° 6 si avvicina moltissimo al migliore repertorio pianistico, la Tarantella è strabiliante (soprattutto qui), lo Studio n° 23, con il suo ostinato ritmico nel basso, ammaliante, e potremmo passarli in rassegna tutti allo stesso modo. Tutto ciò è messo perfettamente in evidenza grazie all’interpretazione magistrale di Marco Riboni che si fa gioco di tutte le difficoltà e che dà carattere a ciascuno studio tramite la deliziosa cura del fraseggio. […] Stile al quale Marco Riboni si avvicina ancora di più anche perché si serve di una chitarra montata come quella di Coste, con una settima corda grave fuori dal manico, indispensabile in certi casi. Una versione di riferimento.» Alain Miteran, “Cahiers de la Guitare”, Francia, 2001.
«Di solito si ascolta solo lo Studio n° 23 ed è quindi gratificante avere a disposizione l’intera serie dei 25 Studi op. 38. Sono eseguiti su uno strumento a sette corde, strumento per il quale sono stati scritti. Nelle sue eccellenti note di copertina, Marco Riboni evidenzia l’ironia di quelle esecuzioni moderne che nella maggioranza dei casi fanno uso di quello strumento esatto che la chitarra a 7 corde voleva sostituire: la nostra onnipresente chitarra a sei corde. Per essere precisi,gli Studi non sono stati composti per la chitarra a 7 corde come la conoscono in Russia, ma per la solita chitarra a 6 corde con l’aggiunta di un bordone extra, accordato in Re o in Do. Si tratta di una registrazione “realistica”, dove si possono sentire i rumori delle corde come sarebbe successo in un concerto dal vivo. La cosa è pienamente giustificata qui, visto che l’operazione ha il carattere di un “documento storico”. Il prodotto finale somiglia a quei vecchi dischi scovati dal passato dove Grieg o Granados si prendono delle libertà (per le nostre orecchie) con un brano lirico o con una danza. E’ un lavoro che raccomandiamo e non solo per gli studiosi.» Colin Cooper, “Classical Guitar”, Inghilterra, 2001.
«[…] Non a caso molti degli interpreti che hanno partecipato all’iniziativa hanno collaborato a lungo con Degrada o addirittura stati suoi allievi. Musicisti di grande qualità, che hanno voluto suonare per lui, ricordarlo e regalargli il loro saluto. […] il flauto di Emilio Vapi e la chitarra di Marco Riboni in pagine del primo Ottocento». Laura Santarlasci, “Amadeus”, Italia, 2006.